Lavori di straordinaria manutenzione della copertura a tetto e della volta dipinta del Gran Salone della Meridiana del Museo Archeologico Nazionale di Napoli
Il Gran Salone della Meridiana
La Sala della Meridiana del Museo Archeologico Nazionale è uno degli
spazi architettonici più imponenti per monumentalità e dimensioni nella
città di Napoli e, nel suo genere, in tutta l’Europa.
La sua stessa ampiezza (lunghezza m. 54, larghezza e altezza m.20) ha
causato nel corso degli anni difficoltà di destinazione e lentezza nel
completamento dei lavori, spesso condizionati dalle ripetute lesioni
provocate da scosse sismiche.
Destinata ad ospitare la “Libraia pubblica” quando il Palazzo era
sede dell’Università napoletana, la sala rimase incompiuta ed
inutilizzata per tutto il XVII secolo.
Interessata nel secolo successivo dai lavori alla copertura, dopo la
trasformazione dell’edificio in Real Museo Borbonico (1777) ospitò
la biblioteca Farnesiana trasportata a Napoli alcuni decenni prima
da re Carlo di Borbone. L’apertura ufficiale della biblioteca risale al
1783, come si legge nella lapide dedicatoria all’ingresso, ma la
sistemazione dei libri richiese tempi più lunghi.
Ulteriori trasformazioni furono determinate, tra il 1790 e il 1793, dal
progetto, mai compiuto, di installare nell’ala nord-ovest dell’edificio
un osservatorio astronomico su proposta dell’astronomo Giuseppe
Casella.
L’idea fu presto abbandonata per difficoltà sia finanziarie che
politiche e forse anche dell’orizzonte limitato che non avrebbe permesso
di osservare completamente la fascia dello zodiaco. Del progetto
iniziale resta solo la meridiana realizzata sul pavimento della
Sala, nell’angolo sud-ovest. Disegnata da Pompeo Schiantarelli,
lunga oltre 27 metri, essa consiste in un listello di ottone che corre
tra i riquadri di marmo nei quali sono incastonate sagome di forma
ellittica con i dipinti dei dodici segni dello zodiaco.
La meridiana è tuttora funzionante: la luce del sole penetra dal
foro dello gnomone posto in alto sul fondo della sala a destra della
volta e, al mezzogiorno locale, cade sulla linea meridiana del
pavimento, percorrendola a secondo delle stagioni.
Poco dopo l’apertura ufficiale (1804) nuove lesioni, provocate da scosse
sismiche, ridussero l’agibilità della sala, fino a che si decise, alla
fine del XIX secolo, anche per l’aumento del numero dei volumi, di
trasferire altrove la biblioteca.
L’acuirsi dei problemi ebbe soluzione solo con il trasferimento della
biblioteca in un’ala del palazzo Reale. Nel 1927 la sala venne aperta al
pubblico arricchita dagli arazzi fiamminghi con la rappresentazione
della battaglia di Pavia, trasferiti poi, nel 1957, insieme alla
Pinacoteca, nel Museo di Capodimonte.
Dal 1973 ad oggi, la sala ha subito varie vicissitudini, chiusa al
pubblico per dissesti statici e restaurata a cura del Provveditorato
alle Opere Pubbliche, fu riaperta nel 1980, e dal 1988 vi sono stati
ricollocati alle pareti tra le finestre del secondo ordine, dopo un
accurato restauro, i dipinti di Giovanni Evangelista Draghi, con la
rappresentazione delle gesta vittoriose di Alessandro Farnese.
Dopo l’ultimo intervento di restauro alle capriate lignee
settecentesche che costituiscono il sostegno della volta affrescata,
la sala è stata definitivamente riaperta al pubblico nel giugno 1994.
La volta fu decorata da Pietro Bardellino, artista napoletano
(1728-1810): il grande affresco, che reca la firma dell’autore e la data
1781, raffigura l’apoteosi di Ferdinando IV di Borbone e di Maria
Carolina d’Austria.
La composizione, racchiusa in un ampio ovale, esalta l’opera dei due
sovrani a favore della cultura: la Virtù incorona Ferdinando e Maria
Carolina circondati dalla personificazione delle Scienze, delle
Lettere, delle Arti, della Fede, della Giustizia, della Forza e della
Verità. L’allegoria è completata da due motti che incorniciano il
dipinto a sottolineare l’impegno svolto dalla coppia reale: Regis
virtutibus fundata felicitas (la felicità si fonda sulle virtù del re) e
lacent nisi pateant (le opere di arte e di scienza giacciono se non
riconosciute).
Le diciotto tele dipinte che ornano la parte superiore delle pareti
fanno parte del ciclo dei Fasti Farnesiani che in origine decoravano
“l’appartamento stuccato” del palazzo Farnese di Piacenza.
Eseguiti alla fine del XVII secolo da artisti della corte dei Farnese
(quali G.E. Draghi e D. Piola), i dipinti illustrano le gesta
vittoriose di Alessandro Farnese, condottiero ed eroe della
controriforma, nelle Fiandre. Vi sono raffigurati assedi di piazzeforti,
rese di città simboleggiate dall’offerta delle chiavi, ingressi
trionfali di Alessandro, richiami alle lotte tra cattolicesimo e
protestantesimo, fino alla morte del condottiero.
Trasferite a Napoli insieme alle ricchissime collezioni d’arte dei
farnese ereditate da Carlo di Borbone, le tele furono collocate alla
fine del ‘700 nella sala della Meridiana. Rimosse nel 1977 per
consentire la ristrutturazione statica del Salone, esse vi sono state
ricollocate nel 1988, dopo essere state sottoposte ad un radicale
intervento di restauro.
Dal pannello informativo del Gran Salone della Meridiana del Museo
Archeologico Nazionale
Link: Museo Archeologico Nazionale di
Napoli
I lavori realizzati sono essenzialmente riassunti nelle fasi di seguito elencate:
Impermeabilizzazione delle falde di sottotetto
Riallineamento delle linee di gronda
Impermeabilizzazione dei sistemi di compluvio e di gronda
Installazione dei sistemi di percorribilità orizzontale
Installazione ponteggio di lavoro
Messa in sicurezza di un tratto di volta affrescata
Alcune foto dei lavori su Flickr
Soprintendenza Speciale per i Beni Archeologici di Napoli e Pompei
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